Questo lavoro è un viaggio attraverso le vicende annidate dietro le grandi parole. Indaga sul bambino nascosto dietro al vecchio; indaga sul vecchio che si disfa del bambino. Dietro parole come amore, morte, assenza, dolore, gioia, si celano vicende personali, volti precisi, piccoli disagi, rimpianti sbiaditi, eventi apparentemente infimi che hanno segnato la nostra esistenza.
Ognuno di noi è abitato da questi eventi, sono comuni a tutti, appartengono a tutti.
Ognuno ha il proprio elenco di volti, gesti, drammi e carezze.
"Credo che il reale non è ciò che si vede.
Che il reale è in agguato dietro le vicende e le situazioni.
Di quel reale “in agguato” mi occupo da tempo.
Cerco di “non recitare”, di avere onestà, verità, esposizione e poesia nella finzione della recita.
La scena non è per me uno spazio dove dire testi scritti da altri.
Non è un luogo naturale. Non esiste la “scena” in natura.
La scena esiste ogni volta che indago, osservo e abito l’esistenza senza volerci soltanto vivere.
Scena come luogo in cui appare ciò che non è visibile.
Mi interessa qualcosa di antico, il rapporto tra il bello e il vero.
Mi interessano le forme che il bene può assumere in arte senza essere noioso e retorico.
Che la crudeltà e il male siano più interessanti del bene, in scena, non è una novità.
Ma che la crudeltà possa essere la forma in cui la pietà si esprime in arte non è automatico.
È la responsabilità a creare il legame tra pietà a crudeltà.
Quella responsabilità di cui ci riempiamo la bocca nei nostri discorsi e che così poco pratichiamo nella vita e ancora meno nel nostro mestiere di artisti.
La nostra cultura pspesso si sostiene su delle imposture.
sulla falacia di nominare ciò che non conosciamo e ridurre a parole le azioni che non realizziamo.
I nomi al posto delle azioni e della esperienza.
A questo spesso abbiamo ridotto la conoscenza.
Responsabilità implica difficoltà, rischio. "
César Brie